sabato 23 marzo 2013

“Non c'è miglior pittore che abbai onorato e rappresentato il potere di Tiziano” V. Sgarbi

Chiara Gallo

“Non c'è miglior pittore che abbai onorato e rappresentato il potere di Tiziano” V. Sgarbi


Se pensiamo al grande pittore cinquecentesco Tiziano Vecellio, detto anche il cadorino, le prime opere che ci saltano alla mente sono La Venere di Urbino, Flora, L'amor sacro e l'amor profano o il famoso ritratto di Carlo V di Spagna. Nessuno mai, (la sottoscritta compresa!), lo collega a quadri quali il ritratto di Pietro Aretino, irriverente poeta della Serenissima e caro amico di Tiziano, o al ritratto di Zuan Paolo da Ponte, noto personaggio della Venezia del '500. È proprio a dipinti come questi che la Fondazione Cosso, su progetto di Vittorio Sgarbi, ha voluto dedicare una mostra temporanea, allestita al Castello di Miradolo.
All'ingresso dell'esposizione la prima stanza è occupata dal quadro di medie dimensioni di Pietro Aretino. Il poeta viene ritratto in età giovanile, ha un'espressione dura che vuole già simboleggiare la grandezza del personaggio, il quale tuttavia sostiene uno sguardo rivolto altrove, quasi pensieroso, che risente ancora dell'influsso romantico del Giorgione. In questa fase infatti, cioè nei primi anni del '500, il cadorino dipinge ancora ricercando il sentimento del personaggio, mostrandone il lato interiore piuttosto che quello mondano e realistico. Notiamo come Tiziano abbia già iniziato ad utilizzare i simboli per riassumere ed evocare la qualità o il potere dei suoi modelli; in quest'opera con cui si apre la mostra, pone accanto al poeta un vaso di edera, simbolo della saggezza poetica, dote che caratterizzò la vita di Pietro Aretino.
Passando oltre, la mia attenzione ammetto che è stata catturata per un attimo dall'antico camino posto sulla sinistra della stanza e dal soffitto finemente decorato in stile ottocentesco. È come se il castello mi avesse ricordato di rivolgergli maggiore interesse in quanto esso stesso opera di grande pregio e valore!
Ma ritornando all'esposizione, i prossimi quadri di cui vi parlerò sono due opere a mio avviso molto contrastanti tra loro... Il primo ritratto è quello del comandante Gabriele Tadino, grande militare dell'epoca sotto l'impero spagnolo. La posa è regale, sontuosa, superba e ci rende perfettamente l'idea della pittura matura di Tiziano, il quale riesce a rappresentare il potere nella sua completezza; il personaggio è realistico, persino l'occhio cieco non viene risparmiato. L'abilità di questo pittore è proprio quella di ritrarre la realtà così come ci appare, senza abbellire nulla, rendendo la bellezza al quadro attraverso l'uso magistrale delle espressioni del viso e dei simboli a cui sono affiancati le figure dipinte. A lato del comandante vengono messi simbolicamente dei cannoni i quali rimandano alla carriera militare, mezzo attraverso cui egli ha raggiunto la sua posizione sociale.
Diverse le impressioni che traspaiono dalla tela commissionata da Zuan Paolo da Ponte. Posto sullo sfondo della campagna veneziana, il ricco signore stringe fra le mani un libro che ricorda il profondo legame di amore che lo lega alla figlia Giulia, la quale verrà ritratta in seguito. Guardando questo dipinto la prima sensazione che ci colpisce è la tranquillità data dallo sguardo. Intuiamo che si tratta di una persona di una certa rilevanza sociale attraverso le vesti e il portamento, tuttavia il libro, lo sfondo e i tratti morbidi e gentili del viso ci portano a credere che si trattasse di un uomo buono e disponibile.
La stanza successiva ci presenta due quadri di cui uno mai esposto prima d'ora in Italia. Si tratta del ritratto di Giulio Romano, o Giulio Pippi, famoso architetto e anch'egli caro amico di Tiziano. L'artista ripropone la sua vena più romantica facendo emergere dal volto di Giulio la passione e il sentimento interiore che lo caratterizzarono per tutta la vita.
Con lo stesso evidente realismo il pittore realizza una tela in cui si presume abbia riprodotto il volto del giovane Federico II Gonzaga, nel quale non appaiono allegorie di potere proprio perché ci riferiamo ad un momento della vita del personaggio in cui non si delinea ancora quello che sarà il suo futuro icerto. Sappiamo infatti che il ragazzo soffriva di una grave malattia trasmessagli dal padre e di grandi pene d'amore, elementi con cui si può spiegare il dettaglio del fazzoletto stretto tra le mani, simbolo di tristezza e dolore interiore.
Salendo al piano superiore la mia attenzione è subito catturata dalla pala d'altare San Francesco riceve le stimmate, opera risalente al 1525 circa. La raffigurazione di Francesco e di Frate Leone appare molto sfocata rispetto al resto dell'opera, elemento voluto appositamente da Tiziano per poter mettere meglio in risalto il committente del dipinto, Desiderio Guidoni, il quale appare fuori dalla grande apparizione divina, ai piedi della pala con a terra i tomi voluminosi, simboli del suo lavoro, con un espressione di pura devozione. I lineamenti grezzi quasi deformi che lo caratterizzano sono la firma realistica del cadorino.
Fulcro centrale di questa mostra è la tela recentemente restaurata grazie proprio all'intervento di Vittorio Sgarbi. Si tratta del ritratto di Gentiluomo, di committenza sconosciuta, inizialmente attribuito al contemporaneo di Tiziano, Lorenzo Lotto, tuttavia attraverso il ripristino delle condizioni del quadro è venuta alla luce la firma TITIANUS, palesandone l'autenticità. Di grande impatto visivo, si intuisce la ricchezza e la potenza che scaturisce dallo sguardo dell'uomo, probabilmente un notaio o un avvocato, come testimoniano i libri e la lettera aperta sul tavolo, realizzato con poche e semplici pennellate.
L'esposizione si riserva come ultima presentazione un autoritratto realizzato con gesso nero su carta d'avorio, il quale venne esposto in Italia solamente un volta nel 2007 e appartenente ad una collezione privata americana. Si tratta di una raffigurazione di Tiziano ormai in età avanzata, direi auto celebrativa. L'artista ha raggiunto il successo assoluto, è cosciente del fatto che le sue opere passeranno ai posteri dunque abbozza un ritratto di profilo, espressione della sua sapienza artistica e della sua grandezza, quasi ad intendere che quest'opera sarebbe stata poi coniata sulle monete com'era usanza fin dai tempi antichi per i personaggi illustri.
Lasciandosi alle spalle il castello di Miradolo il primo aggettivo con cui descriverei questo grande pittore è: essenziale. Con pochi elementi ha saputo rendere la psicologia e il ruolo sociale dei singoli personaggi. Nel corso della sua vita è riuscito rappresentare il potere utilizzando semplici dettagli chiave e a distanza di secoli ne riusciamo a comprendere il significato e l'autorità!

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