giovedì 20 dicembre 2012

Sensazione Notturna

Alle fauci del mondo il ritorno è angosciante:
la sua luce innaturale si avventa feroce,
quale Male! si cela negli angoli del corpo;
e noi tutti siamo spettri remoti e umidi.

Il flutto invoca il canto sirenico del futuro
potrà racchiudere la perla del viaggio 
sulla sua lingua carnosa e avida del sapore 
di mondi e segni e pietre sepolcrali.

La solitudine della pietra è via d'ideali
disconnessi, cosparge fiori di biancospino
nel camposanto del mare lunare, tra lividi
crateri, antichi comerimandi all'essere istintivo.

Quante tiepide spoglie - parvenze lampanti
di resurrezione - si annientano l'un l'altra!
Che sarà, poi, di questi resti inconciliabili,
che le anime velano al mio sguardo allucinato?

                                                                                                                       Pierluigi D'agostino

Carissimo lettori, oggi vi propongo una poesia, che a mio avviso è veramente bella. 
E' la seconda della raccolta: "Sogni di un Satiro Danzante", libro edito da Scrittura Creativa Edizioni.





"È davvero una sensazione notturna e danzante quella che si assapora nei versi di Pierluigi D'Agostino, tra effluvi raccolti da fiumi, respiri, onde, sogni.
La sua giovanis­sima testimonianza, in questa opera d'esordio, incontra già decifrazioni antiche, assorbite dai segni di simbo­lismi capaci di evocare seduzioni che ricordano i versi folgoranti di Mallarmé "Quelle ninfe voglio incantare! / Sì chiaro / svola il loro fresco incarnato per l'aria / fìtta di sonni / Un sogno baciai?", oltre l'estenuata riprova di tempi e spazi che la storia concede.
Un recupero del tut­to novecentesco di elementi che hanno caratterizzato il mitomodernismo dei primi anni novanta, nella corrente guidata da Giuseppe Conte? O forse un registro definito da una sinestesia complice ed ammiccante, alla trasfor­mazione devota? Incombe un pericolo, un presagio che D'Agostino accompagna a ciò che rimane del tema del viaggio iniziatico e della solitudine inconciliabile.
C'è una stasi superata nella prigionia "scherzosa e irrequie­ta" che consente l'ipotesi più solida, accennata e scoper­ta, dell'esserci nel tempo; dove una consolazione rimane all'orizzonte delle possibilità enumerate, delle distanze annientate, terre desolate, frammenti che, tuttavia, ven­gono in qualche modo recuperati, avvolti nella ritmica consistenza dei versi che si coniugano in strofe portanti dove i segni sono alture, rilievi eseguibili sul tracciato di una conduzione catartica, nei sensi e nell'ascolto di un possibile cenno.
Il congedo è poi ulteriore tema epifa­nia); vita di spirituale mediazione in un tangibile oltre, condotto ed enunciato nei ciclici eventi della metamor­fosi mirabile.
Il dialogo è muto ma covidoso, fuggito per inespressa sentenza; il bagno di Narciso intende porci a confronto con l'ossimoro, la funzione dei contrari, la vocazione ad una auspicata sintesi che D'Agostino inse­gue e anela, nella trama delle tessiture dove il bosco dei simboli ospita il tempo del canto e del gioco. Una nuova e antica poetica del mito, quindi, emerge nella partitu­ra evocativa di questi versi, dove sospiro e turbamento costituiscono il viatico; oltre rimorso, dubbio, preghie­ra, salvezza, imprevedibili opposti, inaspettate svolte. Davvero un ondeggiare fonetico quasi scandito da indizi fluttuanti nell'accezione di Tynjanov, così come, ritor­nando al mitomodernismo, amava evocare Dorian Veru-da, amante di Eschilo e di Pindaro, fedele d'amore di un codice arcaico ma, oltre il dire, salvifico."

Andrea Rompianesi
 


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